sabato 28 gennaio 2012

LE SORELLE

    Questa volta per lui non c'era speranza: era  il  terzo  attacco.  Una
    sera  dopo l'altra ero passato davanti alla casa (eravamo in vacanza),
    avevo studiato il riquadro illuminato della finestra e lo avevo sempre
    visto illuminato nella stessa maniera, debolmente e uniformemente.  Se
    fosse morto,  pensavo, vedrei il riflesso delle candele sulla persiana
    abbassata,  perchè sapevo che si devono mettere due ceri al  capezzale
    di  un  morto.  Mi  aveva detto spesso: "Non ne ho per molto in questo
    mondo",  e io,  che avevo pensato che le sue parole  fossero  soltanto
    oziose,  ora sapevo quanto fossero vere.  Ogni sera, alzando gli occhi
    alla finestra, mi ripetevo sottovoce la parola "paralisi".  Era sempre
    suonata strana alle mie orecchie,  come la parola "gnomone" in Euclide
    e la parola "simonòa" nel catechismo.  Ma adesso mi sembrava  come  il
    nome di un essere malefico e peccaminoso, che mi riempiva di paura, ma
    che  nello  stesso  tempo  avrei  voluto  seguire da vicino per essere
    spettatore della sua opera mortale.
    Il vecchio Cotter fumava, seduto vicino al fuoco,  quando scesi per la
    cena e,  mentre la zia mi metteva la minestra nel piatto,  disse, come
    ritornando su una sua precedente osservazione:
    "No,  non direi che fosse proprio...  ma c'era qualcosa  di  strano...
    qualcosa di misterioso in lui. Vi dirò la mia opinione..."
    E  cominciò  a tirare boccate dalla pipa,  senza dubbio rimuginando la
    sua opinione tra sè e sè. Vecchio sciocco noioso! All'inizio quando lo
    avevamo conosciuto, aveva suscitato in noi un certo interesse parlando
    di scarti di distillazione e di  alambicchi,  ma  ben  presto  mi  ero
    stancato di lui e delle sue storie senza fine sulle distillerie.
    "Ho  una  mia  teoria  al riguardo," riprese.  "Penso sia stato uno di
    quei... particolari casi. Ma è difficile dire..."
    Ricominciò a fumare la pipa senza dirci  la  sua  teoria.  Lo  zio  si
    accorse del mio sguardo fisso e mi disse:
    "Be', così il tuo vecchio amico se ne è andato; ti dispiacerà."
    "Chi?" chiesi.
    "Padre Flynn."
    "E' morto?"
    "Il signor Cotter me l'ha appena detto. E' passato di là."
    Sapevo  di  essere  osservato,  cosò  continuai  a mangiare come se la
    notizia non avesse suscitato in me nessun interesse.  Lo zio spiegò al
    vecchio Cotter:
    "Lui  e il ragazzo erano grandi amici.  Il vecchio gli insegnava tante
    cose, sapete. Sembra che lo avesse in gran simpatia."
    "Dio accolga la sua anima," fece la zia, pietosa.
    Il vecchio Cotter mi osservava.  Sentivo su di me lo guardo  acuto  di
    quegli  occhietti scuri e pungenti,  ma non gli diedi la soddisfazione
    di alzare i miei dal piatto.  Tornò alla sua pipa e infine  sputò  con
    disprezzo nel fuoco, dichiarando:
    "Non  mi  piacerebbe che i miei ragazzi avessero troppo a che fare con
    un tipo simile."
    "Che cosa volete dire, Cotter?" chiese la zia.
    "Voglio dire," precisò il vecchio Cotter,  "che sarebbe  un  male  per
    loro. Sono dell'idea che un giovane deve andare a spasso e giocare con
    quelli della sua età e non diventare... Ho ragione, Jack?"
    "Condivido il tuo principio," convenne lo zio.
    "Che impari a cavarsela.  Glielo ripeto sempre a questo Rosacroce: fa'
    del movimento.  Quando ero ragazzo,  tutti i santi  giorni  facevo  un
    bagno  freddo,  inverno  ed estate.  E è per questo che sono ancora in
    gamba. L'istruzione sarà una bella cosa, ma...  Forse il signor Cotter
    ne prenderebbe volentieri un pezzetto,  di quel cosciotto di montone,"
    aggiunse, rivolto alla zia.
    "No, no, non per me," si schermò il vecchio Cotter.
    La zia prese il piatto di portata dalla credenza e lo mise in tavola.
    "Ma perchè pensate che non sarebbe bene per i ragazzi, signor Cotter?"
    chiese.
    "E' un male per loro," disse il vecchio Cotter,  "perchè  hanno  delle
    menti  molto  impressionabili.  Il vedere cose di questo tipo,  voi mi
    capite, ha sui ragazzi un effetto..."
    Mi riempii la bocca di minestra per  paura  di  dare  sfogo  alla  mia
    collera. Vecchio imbecille noioso dal naso rosso!
    Era tardi quando mi addormentai. Nonostante ce l'avessi con il vecchio
    Cotter per avermi trattato da bambino,  mi scervellai per riuscire
    a capire quelle sue frasi lasciate a metà.  Nel buio della mia  stanza
    immaginai di rivedere il viso pesante e grigiastro del paralitico.  Mi
    tirai le coperte sulla testa e provai a pensare a Natale.  Ma il volto
    grigio  mi seguiva ancora bisbigliando,  e capii che voleva confessare
    qualcosa.  Sentii la mia anima rifugiarsi in una contrada piacevole  e
    viziosa  e  là  ritrovavo  la  sua  faccia  ad aspettarmi.  Cominciò a
    confessarsi a me sussurrando e,  mentre parlava,  mi  chiedevo  perchè
    sorridesse  continuamente  e  perchè  le  sue  labbra fossero umide di
    saliva.  Ma poi mi ricordai che era morto di paralisi e mi accorsi che
    anch'io  stavo  sorridendo  impercettibilmente,  come per assolvere il
    simoniaco dal suo peccato.
    La mattina seguente,  dopo colazione,  andai a dare  un'occhiata  alla
    casetta,  in  Great  Britain  Street.  Era  un  negozio senza pretese,
    registrato sotto la vaga denominazione di "Merceria".  Le merci  erano
    soprattutto  calzature per bambini e ombrelli,  e in genere in vetrina
    era appeso un cartello su cui era scritto: "Si ricoprono ombrelli". Ma
    ora non si vedeva nessun avviso perchè‚ le  imposte  erano  chiuse.  Un
    mazzolino  di  fiori guarnito di crespo era legato al battacchio della
    porta con un nastro. Due donnette e un fattorino del telegrafo stavano
    leggendo il biglietto appuntato sul crespo.  Mi  avvicinai  anch'io  e
    lessi:
    "Primo  Luglio 1895,  Reverendo James Flynn (gi… della chiesa di Santa
    Caterina in Meath Street), di anni 65. R.I.P.".
    La lettura del biglietto mi  convinse  che  era  morto,  e  mi  sentii
    turbato  per  averlo  constatato  io stesso.  Se non fosse morto avrei
    potuto andare nella cameretta buia nel retrobottega e lo avrei trovato
    seduto nella sua poltrona  vicino  al  fuoco,  quasi  soffocato  nella
    pesante palandrana. Forse la zia mi avrebbe dato un pacchetto di "High
    Toast"  per  lui,  e questo omaggio lo avrebbe smosso dal suo torpore.
    Ero sempre io a vuotargli il pacchetto nella tabacchiera nera,  perch‚
    le  mani  gli  tremavano  troppo per permettergli di farlo da s‚ senza
    spargere una met… del tabacco sul pavimento.  Anche quando  avvicinava
    al naso la grossa mano tremante,  nuvolette di polvere gli scivolavano
    tra le dita sul davanti  della  tonaca.  Probabilmente  erano  proprio
    stati  questi  regolari  spruzzi di tabacco a conferire ai suoi vecchi
    abiti sacerdotali  quell'aspetto  verdognolo  sbiadito,  dato  che  il
    fazzoletto  rosso  col quale provava a spazzolarsi via i grani caduti,
    pieno com'era sempre delle macchie di tabacco di un'intera  settimana,
    era totalmente inefficace.
    Sentivo  il  desiderio  di  entrare  e  di guardarlo,  ma non avevo il
    coraggio di bussare.  Perciò  mi  allontanai  lentamente  dalla  parte
    assolata,  leggendo, mentre passavo, gli avvisi teatrali nelle vetrine
    dei  negozi.  Pensavo  che  era  strano  che  nè  io  nè  la  giornata
    sembrassimo  in  lutto,  e  ero perfino infastidito scoprendo in me un
    senso di liberazione,  come se la sua  morte  mi  avesse  liberato  da
    qualcosa.  Questo  mi stupiva perchè,  come aveva detto lo zio la sera
    prima,  avevo imparato molte cose da lui.  Aveva  studiato  presso  il
    collegio irlandese a Roma e mi aveva insegnato a pronunciare il latino
    con  proprietà.  Mi  aveva  raccontato  episodi  sulle  catacombe e su
    Napoleone Bonaparte,  e mi aveva spiegato il significato  dei  diversi
    momenti  della  Messa,  e  anche  dei  diversi paramenti indossati dal
    sacerdote.  A volte si divertiva  a  farmi  delle  domande  difficili,
    chiedendomi  che cosa si dovesse fare in certe particolari circostanze
    e se questo o  quel  peccato  erano  mortali,  veniali  o  solo  delle
    imperfezioni.  Le  sue  domande  mi  dimostravano  quanto  complesse e
    misteriose fossero certe istituzioni della  Chiesa  che  avevo  sempre
    creduto  che fossero dei semplici gesti.  I doveri del sacerdote verso
    l'Eucarestia e verso il segreto della confessione  mi  parevano  tanto
    gravi  da  meravigliarmi di come qualcuno avesse mai potuto trovare il
    coraggio di portarne il peso; e non rimasi sorpreso quando mi raccontò
    che  i  Padri  della  Chiesa  avevano  scritto   volumi   della   mole
    dell'Annuario  delle  Poste,  stampati  poi  a  caratteri così piccoli
    quanto  il  notiziario  legale  sui  giornali,   per  chiarire  queste
    complicate  questioni.  Spesso,  pensandoci,  non  riuscivo  a trovare
    risposta o ne trovavo una molto sciocca e  incerta,  della  quale  lui
    sorrideva  scuotendo  la  testa  due  o  tre  volte.  Oppure mi faceva
    ripetere le risposte della  Messa,  che  mi  aveva  fatto  imparare  a
    memoria;   e,   mentre  le  biascicavo  meccanicamente,  abbozzava  un
    sorrisetto pensoso e faceva cenni con la testa,  fiutando  ogni  tanto
    delle grandi prese di tabacco ora dall'una ora dall'altra narice.  Nel
    sorridere mostrava una fila di  grossi  denti  giallastri  e  lasciava
    pendere  la  lingua  sul  labbro inferiore,  un'abitudine che mi aveva
    fatto sentire a disagio nei  nostri  primi  incontri,  quando  non  lo
    conoscevo ancora bene.
    Mentre  camminavo  sotto il sole mi tornarono alla mente le parole del
    vecchio Cotter e mi sforzai di ricordare che cosa  era  accaduto  dopo
    nel sogno. Rammentavo di aver notato delle lunghe cortine di velluto e
    una  lampada  di  stile antico che oscillava.  Sentivo di essere stato
    molto  lontano,  in  un  paese  dalle  strane  abitudini,  in  Persia,
    pensai... Ma non mi veniva in mente la fine del sogno.
    Quella  sera  la  zia  mi  portò  con  sè‚ per una visita alla casa del
    defunto.  Era dopo il tramonto,  ma i vetri delle finestre che  davano
    verso  ponente  riflettevano l'oro bruno di un grande banco di nuvole.
    Nannie ci ricevette in anticamera e, poichè‚ sarebbe stato sconveniente
    parlare forte,  la zia si limitò a darle una calorosa stretta di mano.
    La vecchia indicò con sguardo interrogativo il piano superiore e, a un
    cenno  della  zia,  cominciò  a  salire faticosamente la stretta scala
    davanti a  noi,  con  la  testa  china  che  superava  a  malapena  il
    corrimano. Sul primo pianerottolo si fermò e ci fece un gesto come per
    incoraggiarci  ad avanzare verso la porta aperta della camera ardente.
    La zia entrò e la vecchia, vedendomi esitare, riprese a farmi ripetuti
    gesti con la mano.
    Entrai in punta di piedi.  Attraverso l'orlo di pizzo della tendina si
    era  diffusa  per  la  stanza  una  cupa luce dorata in cui le candele
    sembravano pallide fiammelle.  Era stato  posto  nella  cassa.  Nannie
    diede  l'esempio,  e tutti e tre ci inginocchiammo ai piedi del letto.
    Facevo finta di pregare,  ma non riuscivo  a  concentrarmi  perchè‚  il
    borbottio  della vecchia mi distraeva.  Notai come era agganciata male
    la sua gonna sulla schiena e come i tacchi delle sue  pantofole  erano
    tutti  consumati  da  una  parte.  Ebbi  l'impressione  assurda che il
    vecchio prete sorridesse, mentre giaceva là, nella bara.
    Ma no.  Quando ci alzammo e ci avvicinammo al capezzale vidi  che  non
    sorrideva. Giaceva là, solenne e imponente, vestito come se stesse per
    andare all'altare, tenendo mollemente un calice tra le grosse mani. La
    sua faccia sembrava arcigna,  grigia e massiccia, con le narici nere e
    cavernose cerchiate di una rada peluria bianca. C'era un odore pesante
    nella stanza: i fiori.
    Ci facemmo il segno della croce e  venimmo  via.  Nella  stanzetta  al
    piano  di sotto trovammo Eliza seduta nella poltrona del vecchio prete
    con aria solenne.  Cercai a tentoni di dirigermi verso la  mia  solita
    sedia  nell'angolo,  mentre  Nannie  si  avvicinava alla credenza e ne
    toglieva una bottiglia di "sherry" e alcuni  calici,  che  mise  sulla
    tavola  invitandoci  a prendere un bicchierino.  Poi,  su suggerimento
    della sorella,  versò  lo  "sherry"  nei  bicchieri  e  ce  li  porse.
    Insistette  perchè‚ io prendessi anche un po' di biscottini alla crema,
    ma dissi di no pensando che avrei fatto troppo rumore  nel  mangiarli.
    Parve   restare   un   po'   delusa   dal   mio  rifiuto  e  raggiunse
    silenziosamente il divano,  dove sedette dietro  la  sorella.  Nessuno
    parlava: tutti guardavamo fisso il focolare spento.
    La zia aspettò che Eliza sospirasse e poi disse:
    "Be', se ne è andato in un mondo migliore."
    Eliza  sospirò  ancora  e  chinò la testa in segno di assenso.  La zia
    giocherellò col bicchiere prima di sorseggiare un po' di "sherry".
    "E è... serenamente?" chiese.
    "Oh, proprio serenamente, signora," disse Eliza. "Non ci siamo nemmeno
    accorte di quando ha esalato l'ultimo  respiro.  Ha  fatto  una  bella
    morte, ringraziando Dio."
    "E quanto ai..."
    "Padre  O'  Rourke  è  venuto  martedì  a dargli l'Estrema Unzione e a
    prepararlo."
    "Dunque sapeva?"
    "Era completamente rassegnato."
    "Infatti, si vede," convenne la zia.
    "Lo ha detto anche la donna  che  è  venuta  a  lavarlo.  Secondo  lei
    sembrava  che  stesse dormendo,  tanto pareva tranquillo e rassegnato.
    Nessuno avrebbe pensato che da morto avrebbe assunto un  aspetto  cosi
    composto."
    "Già, è vero," disse la zia.
    Bevve un altro sorso e aggiunse:
    "Be',  signorina Flynn,  comunque deve essere un gran conforto per voi
    sapere che avete fatto tutto quello che potevate. Siete state entrambe
    tanto care verso di lui, bisogna riconoscerlo."
    Eliza si lisciò il vestito sopra le ginocchia.
    "Ah,  povero James!" esclamò,  "Dio sa che abbiamo fatto il possibile,
    povere  come siamo;  non avremmo voluto che gli mancasse niente mentre
    era in vita."
    Nannie aveva appoggiato la testa sul cuscino del divano e sembrava sul
    punto di addormentarsi.
    "C'è la povera Nannie," disse  Eliza  guardandola,  “che  è  esaurita.
    Tutto il lavoro che abbiamo avuto,  lei e io, per trovare la donna che
    venisse a lavarlo, e poi vestirlo, la bara, e infine far dire la Messa
    in cappella. Se non ci fosse stato Padre O' Rourke non so proprio come
    avremmo fatto.  E' stato lui a portarci tutti quei fiori  e  quei  due
    candelieri  dalla  cappella,  a  scrivere l'annuncio per il "Freeman's
    General" e a prendersi cura di tutte le formalità… per  il  cimitero  e
    per la riscossione dell'assicurazione del povero James."
    "Come Š stato buono!" commentò la zia.
    Eliza chiuse gli occhi e scosse lentamente la testa.
    "Non c'è niente come i vecchi amici" dichiarò; "se non fosse per loro,
    nel momento del bisogno non troveresti nessuno di cui fidarti."
    "Proprio  così,"  disse  la zia.  "E sono certa che ora che è andato a
    ricevere l'eterna ricompensa non si dimenticherò nè di  voi  nè  delle
    vostre premure."
    "Ah,  povero  James!" fece Eliza.  "Non ci dava gran disturbo.  Non lo
    avreste sentito nella casa più di  quanto  non  lo  sentiate  adesso.
    Tuttavia so che se ne è andato e che tutto..."
    "Quando  tutto sarò finito,  allora sò che sentirete la sua mancanza,"
    disse la zia.
    "Lo so," ammise Eliza.  "Non gli porterò più il brodo nella sua  tazza
    nè voi, signora, gli manderete il tabacco. Povero James!"
    Si interruppe,  come se stesse parlando con il defunto, e poi aggiunse
    con aria accorta:
    "Sapete,  avevo notato che stava capitandogli  qualcosa,  ultimamente.
    Ogni  volta  che gli portavo la zuppa,  lo trovavo riverso sulla sedia
    con la bocca aperta e il breviario per terra."
    Si mise un dito sul naso e corrugò le sopracciglia; poi continuò:
    "Nonostante questo,  continuava a ripetere che prima che fosse  finita
    l'estate sarebbe uscito in una bella giornata per fare una passeggiata
    in  carrozza.  Voleva rivedere la vecchia casa di Irishtown dove siamo
    nati tutti noi,  e diceva che avrebbe portato con sè me e  Nannie.  Se
    avessimo  solo  potuto  trovare  qui di fronte,  da John Rush,  una di
    quelle nuove vetture imbottite che non fanno rumore,  di cui Padre  O'
    Rourke gli aveva parlato,  quelle con le ruote gommate,  da noleggiare
    per un giorno,  avremmo potuto andarci tutti e tre una domenica  sera.
    Era proprio una fissazione... Povero James!"
    "Dio abbia misericordia della sua anima!" commentò la zia.
    Eliza  tirò fuori il fazzoletto e si asciugò gli occhi.  Poi lo rimise
    in tasca e fissò il fuoco spento per qualche istante senza parlare.
    "E' sempre stato troppo scrupoloso," riprese. "I doveri del sacerdozio
    erano troppo pesanti per lui.  E  poi  la  sua  vita  fu,  come  dire,
    contrastata."
    "Sò," confermo la zia. "Era un uomo deluso. Lo si vedeva."
    Un  silenzio  cadde nella stanzetta e,  approfittandone,  mi avvicinai
    alla  tavola  per   assaggiare   il   mio   "sherry";   poi   ritornai
    tranquillamente alla mia sedia nell'angolo.  Eliza sembrava assorta in
    un profondo fantasticare.  Aspettammo rispettosamente che fosse lei  a
    rompere il silenzio: infatti, dopo una lunga pausa, disse lentamente:
    "Fu  per  quel  calice  che  ruppe...  Tutto iniziò da là.  In effetti
    dissero che  era  una  cosa  senza  conseguenze,  che  il  calice  non
    conteneva  niente,   voglio  dire.   Eppure...  Diedero  la  colpa  al
    chierichetto. Ma il povero James era così nervoso,  Dio abbia pietà di
    lui!"
    "E dipese da ciò?" domandò la zia. "Avevo sentito dire qualcosa..."
    Eliza fece un cenno affermativo col capo.
    "Diventò  un'idea  fissa  per  lui,"  aggiunse.  "Da  allora  iniziò a
    chiudersi in se stesso,  a non parlare con nessuno e ad andare in giro
    da  solo.  Finch‚  una  sera vennero a cercarlo per una chiamata e non
    riuscirono a trovarlo in nessun posto.  Guardarono da tutte le  parti,
    ma  non  ne  trovarono  traccia.  Poi il sagrestano suggerì di provare
    nella cappella e lui,  Padre O' Rourke e un altro prete che si trovava
    lo  portarono una lampada per cercarlo.  E dove pensate che fosse,  se
    non là,  solo nel buio  del  confessionale,  perfettamente  sveglio  e
    ridacchiando tra sé e sé?"
    Si  fermò  improvvisamente  come per ascoltare.  Ascoltai anch'io,  ma
    nessun suono si sentiva nella casa.  E sapevo  che  il  vecchio  prete
    giaceva  ancora  la  nella  sua bara nella posizione in cui lo avevamo
    visto noi, solenne e arcigno nella morte,  con un inerte calice posato
    sul petto.
    Eliza riprese:
    "Perfettamente sveglio e ridacchiando da solo.  E allora, logicamente,
    quando videro questo,  loro capirono che c'era qualcosa in lui che non
    andava..."

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